Dalle origini al Medioevo
Non si può parlare dell’Umbria e di Montefalco, oggi, senza nominare il Sagrantino.
Un vitigno antichissimo che produce uve rosse con caratteristiche eccezionali sia per i vini da lungo invecchiamento sia per i passiti.
Le sue origini sembrano addirittura risalire all’epoca romana. Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia accenna alla vite itriola o Irciola, che era propria «d’Umbria di Bevagna» e del piceno; nel 1953 l’archeologo Carlo Pietrangeli ipotizza l’accostamento dell’Itriola con l’Uva Sagrantina, tenendo conto che il territorio di Montefalco faceva parte del municipio di Bevagna.
Secondo alcuni il Sagrantino sarebbe giunto in Umbria, in particolare nella zona di Montefalco, grazie ai frati francescani provenienti dall’Asia Minore. Secondo altri, invece, sarebbe stato diffuso nella zona in epoca medievale dai monaci bizantini che giungevano dalla Grecia.
È comunque nel corso del medioevo, in seguito alla crescente importanza che il vino assume nelle comunità religiose e con la pratica viticola sempre più diffusa nei conventi e nelle campagne, grazie all’impegno dei frati e dei monaci, che il ruolo e l’importanza del vitigno si affermano sempre di più, tanto che i registri contabili comunali testimoniano l’invio in dono del vino di Montefalco a cardinali e pontefici.
Parte del suo nome ‘sacro’ potrebbe, dunque, derivare proprio da queste radici religiose, dal fatto che fosse un vino da messa o, più semplicemente, da sagrestia o sacrestia.
Nel Medioevo le vigne costituiscono uno dei cardini attorno ai quali le persone e le comunità organizzano la propria vita. Lo dimostra la chiesa di San Bartolomeo, una delle più antiche parrocchie di Montefalco, documentata per la prima volta nel 1219, che presenta nella parete absidale esterna una monofora lunettata ornata con tralci di vite e grappoli e altri motivi tipici medievali.
E lo dimostra la legislazione statuaria, che dedica un’attenzione particolare alle viti e all’uva. Nell’archivio Storico di Montefalco sono numerosi i documenti che testimoniano fin dal 1200 la cura costante che «[…] i vignaioli riservano al campo piantato a vigna».
Le sue origini sembrano risalire all’epoca romana
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Il Rinascimento
Nel 1451, il celebre pittore fiorentino Benozzo Gozzoli, chiamato dai Francescani ad affrescare l’abside della loro chiesa, oggi Museo Civico di Montefalco, allude forse proprio al Sagrantino, dipingendo la bottiglia di vino rosso sulla mensa imbandita del Cavaliere da Celano nell’ambito del ciclo pittorico della “Storia della vita di San Francesco”.
Nel 1451, il celebre pittore fiorentino Benozzo Gozzoli, chiamato dai Francescani ad affrescare l’abside della loro chiesa, oggi Museo Civico di Montefalco, allude forse proprio al Sagrantino, dipingendo la bottiglia di vino rosso sulla mensa imbandita del Cavaliere da Celano nell’ambito del ciclo pittorico della “Storia della vita di San Francesco”.
Acini mediamente zuccherini e bacche robuste che difficilmente possono marcire sono le qualità innate del Sagrantino. Questo vitigno ha una vigoria abbastanza bassa e predilige terreni di medio impasto, siliceo-argillosi con esposizione a sud, e in genere fornisce produzioni piuttosto irregolari.
Se attualmente viene vinificato soprattutto per la produzione di vini secchi, pare che anticamente la tradizione preferisse una tipologia dolce, ottenuta dall’appassimento delle uve su graticci di legno. Secco o passito che sia, secondo il Disciplinare, l’invecchiamento previsto è di almeno trentasei mesi, di cui per il secco almeno dodici in botti di legno.
I Disciplinari del Sagrantino sono tra i più antichi: già nel XIV secolo i documenti testimoniano l’esistenza di norme per proteggerne e regolarne la coltivazione, la raccolta e la produzione delle uve. Nel 1540 si ha notizia, a Montefalco, di un’ordinanza comunale che stabiliva la data della vendemmia.
Durante il periodo rinascimentale il vino di Montefalco è ormai noto e apprezzato, tanto che nel 1565 Cipriano Piccolpasso, provveditore della fortezza di Perugia, nella sua relazione dello Stato Pontificio destinata al papa, specificatamente dedicata alle città e ai territori sottoposti al governo di Perugia, scrive: «[...] Montefalco, posto sopra un colle di bellissima veduta, è ornato di belle et bone vigne, coltivati terreni et di gran frutto, fa dilicati vini […]». Possiamo affermare con certezza che il Sagrantino abbia almeno più di quattrocento anni.
Una delle più antiche testimonianze dell’uva Sagrantino, custodita in un quadernetto del notaio assisano Giovan Maria Nuti, risale al 1598 ed è attualmente conservata presso l’Archivio notarile di Assisi. Il notaio riferisce della consuetudine, diffusa a Foligno, di mischiare il Sagrantino ai mosti per conferire loro aroma e sapore.
L’uva Itriola viene inoltre menzionata nel De naturali vinorum historia, de vinis Italiae e de convivis antiquorum, opera fondamentale della storia enologica italiana rinascimentale, pubblicata nel 1595 da Andrea Bacci, che la definisce particolarmente adatta alla produzione di Moscatelli. Il medico e naturalista marchigiano ricorda inoltre l’assidua presenza di tale uva nelle zone di Bevagna, Narni e Amelia.
Gli statuti comunali nel loro intento di disciplinare ogni aspetto della vita cittadina, si occupano anche di tutelare e difendere le viti e l’uva attraverso una dettagliata serie di divieti e sanzioni, tanto che nel 1622, il Cardinale Boncompagni, legato di Perugia, aggrava le sanzioni già previste dallo statuto, prevedendo persino «[...] la pena della forca se alcuna persona tagliasse la vite d’uva [...]».